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 Ciclabilità in Italia 

L’equivoco ciclabile
Ovvero: perché parliamo di “ciclabilità” e non solo di piste ciclabili
Dati e miti sulle piste ciclabili, a uso e consumo dei media e di chi vuole capire e approfondire

In questi giorni, anche grazie alla Giornata nazionale della Bicicletta indetta dal Ministero dell'Ambiente, la stampa torna a parlare di mobilità ciclistica in Italia.

Invariabilmente, per indicare il grado di "ciclabilità" delle nostre città vengono conteggiati i chilometri di piste ciclabili. Ossia ci si sofferma solo su un dato quantitativo, che è limitato e parziale. Un dato che di per sé non è in grado di rappresentare le esigenze di una buona mobilità ciclistica, ma che neppure è in grado di descrivere lo stato, le condizioni della mobilità ciclistica in un determinato luogo.
E quindi può offrire solo una lettura superficiale, che rischia di essere fuorviante, in mancanza di adeguati strumenti correttivi.

La visione quantitativa è parziale perché non dice nulla dell’oggetto delle proprie attenzioni: una pista ciclabile mal progettata, o mal realizzata, o in cattive condizioni di manutenzione non offre alcun reale incentivo e stimolo ad usare la bici. Piste ciclabili che finiscono contro un muro, o sono disseminate di ostacoli, che non collegano punti rilevanti di itinerari aventi un senso origine-destinazione, che si interrompono nelle intersezioni stradali, o che si dissolvono improvvisamente nel nulla, non hanno alcuna utilità ai fini della mobilità ciclistica, rappresentando altrettanti esempi di malagestio delle risorse pubbliche, anche se vengono certamente conteggiate (e pesano!) ai fini delle statistiche che si limitano a un puro computo metrico.
La lettura quantitativa è altresì limitata perché una città potrebbe avere molte piste ciclabili mal realizzate o mal tenute, e non essere per questo “ciclabile”, e viceversa un’altra città potrebbe non avere (o avere meno) piste ciclabili ma favorire la ciclabilità attraverso misure diverse e di grande efficacia: dalla moderazione del traffico (es. Zone 30), alle zone pedonali, marciapiedi condivisi, doppio senso bici su strade a senso unico, bike sharing, cicloparcheggi, segnaletica specifica, campagne educative e promozionali a favore della bicicletta, realizzazioni stradali accessibili (ad es. rotatorie sicure per i ciclisti), e via continuando. Oltre al fatto che è indispensabile anche una adeguata strumentazione normativa, che può supportare (o viceversa rendere più difficile) la promozione della mobilità ciclistica.

Uno dei primi indicatori della ciclabilità è dato dal numero delle persone che utilizzano la bici per i propri spostamenti: se anche esistono delle piste ciclabili, ma mancano i ciclisti, è segno che qualcosa non va ed occorre interrogarsi sui motivi per cui ciò accade.

Se allora si vuole fornire un quadro realmente attendibile, la lettura del dato quantitativo sulle piste non può pertanto secondo noi essere disgiunta da quello qualitativo.
In questo senso diciamo che una buona ciclabilità nasce da un mix di interventi e non sgorga magicamente per effetto di un gradiente rappresentato dal numero di chilometri di piste ciclabili per abitante.

Alcune classifiche presentate sulla stampa nazionale ci sono sembrate discutibili: ad esempio città come Bolzano, Mestre (VE) e Modena che hanno realizzato ottime infrastrutture ciclabili (e non solo) e dove la bici viene effettivamente utilizzata in modo intenso, diffuso e continuativo... sono finite in fondo alla lista. In altri casi, il confronto basato sulla sola cifra chilometrica fornita dalle stesse Amministrazioni comunali ha prodotto avanzamenti di posizioni di quelle città nella classifica rispetto a piste ciclabili che però proprio non si vedono, o che non hanno una concreta, effettiva utilità (in non pochi casi vengono conteggiati come “piste ciclabili” dei tracciati pericolosi, inaccessibili e impraticabili ai ciclisti).

DOCUMENTAZIONE TECNICA
Chi vuole approfondire cosa è necessario fare per favorire la mobilità ciclistica non ha che da consultare l'enorme mole di lavori prodotti in questi anni dai tecnici della FIAB. Si veda pertanto la nostra ricca sezione tecnica, di cui si consiglia in particolare:
- Il VADEMECUM DELLA CICLABILITA', commissionato a FIAB dalla Regione Puglia, è la più recente "summa" delle politiche per la ciclabilità;
- I quaderni del Centro Studi FIAB Gallimbeni  monografici che approfondiscono aspetti particolari;
-
La brochure della Commissione Europea "Città in bicicletta, pedalando verso l'avvenire", del 1999 ma illustra bene cosa un Comune dovrebbe fare (non limitandosi a "parlare" di Piste Ciclabili)

DATI E STATISTICHE
Nel 2009 la FIAB ha effettuato una ricerca in alcune città (dove sono presenti sue associazioni aderenti) verificando strada per strada i dati "ufficiali" e quindi non limitandosi a "dare i numeri" (cioè i km. delle piste ciclabili) ma cercando di valutarne la qualità e la destinazione (una cosa sono le ciclabili urbane, un'altra quelle per il tempo libero, ad es. nei Parchi). Ne è venuto fuori quindi anche un indice di ciclabilità urbana che meglio rispecchia quanto si sta facendo per incentivare e tutelare l'uso della bicicletta.
Se interessano questi dati sulla ciclabilità di alcune città italiane, mettiamo qui a disposizione, purtroppo senza il commento, le slides della Presentazione Ufficiale ad un Seminario FIAB, già pubblicate a suo tempo. Formato PDF (491 kb)

L'errata equazione "bici=piste ciclabili"
Presentiamo anche le slides dell'intervento di Eugenio Galli al Convegno FIAB "Il diritto alla bicicletta: come le norme possono ostacolare o favorire la mobilità ciclistica" (Treviso 29.11.2009),  "Il diritto alla ciclabilità Per una città accessibile" (PDF 4 Mb), dove si precisa che le piste ciclabili sono solo un ingrediente della mobilità ciclistica (non si può fare una crostata solo con la farina) e illustra tutte le politiche che devono essere attuate se si vuole incrementare e tutelare la mobilità ciclistica. Eugenio Galli  è Presidente di  FIAB Ciclobby - Milano e Responsabile dell'Ufficio Legale FIAB.

 

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